Leucemia mieloide cronica: risultati del trapianto di staminali migliori o simili alla terapia farmacologica

Leucemia mieloide cronica: risultati del trapianto di staminali migliori o simili alla terapia farmacologica. Con il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche i risultati di sopravvivenza a 10 anni sono simili a quelli ottenuti con la terapia farmacologica. Il dato emerge da uno studio prospettico a lungo termine pubblicato di recente su Leukemia e suggerisce che il trapianto resta una valida opzione per alcuni pazienti.
Dato che oggi con la terapia farmacologica si possono ottenere remissioni durature della malattia, ricorda il team, le linee guida attuali raccomandano di considerare il trapianto principalmente come terapia di salvataggio nei pazienti resistenti agli inibitori delle tirosin chinasi (TKI) o non in grado di tollerare questi agenti.
Tuttavia, la mortalità correlata al trapianto è diminuita e il trapianto potrebbe rappresentare una buona opzione per i pazienti con malattia in fase avanzata e a basso rischio di trapianto.

Lo studio, realizzato da un gruppo cooperativo tedesco, guidati da Alois Gratwohl, dello University Hospital di Basilea in Svizzera, ha riguardato 669 pazienti con leucemia mieloide cronica di nuova diagnosi arruolati tra il luglio 1997 e il gennaio 2004 presso 143 centri.
In questo campione, 427 pazienti sono stati ritenuti candidabili al trapianto; di questi 166 sono stati assegnati in modo casuale al trapianto e 261 al migliore trattamento farmacologico disponibile. L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza a lungo termine.

La probabilità di sopravvivenza a 10 anni non è risultata significativamente diversa nei due gruppi: 76% nel gruppo sottoposto al trapianto contro 69% in quello sottoposto alla terapia farmacologica. Inoltre, al momento dell’analisi, i pazienti in remissione molecolare sono risultati più numerosi nel gruppo dei trapiantati che non nel gruppo assegnato alla terapia farmacologica (56% contro 39%; P = 0,005).

Gli autori osservano che i tre fattori chiave nel determinare gli outcome sono risultati:
il rischio associato alla malattia, il rischio di trapianto e l’assegnazione al trattamento.

Nei pazienti con un donatore compatibile, quando si sono integrati questi fattori nell’analisi, i soggetti sottoposti a trapianto e con un punteggio di rischio basso EBMT (European group for Blood and Marrow Transplantation) non hanno mostrato una mortalità superiore e hanno mostrato risultati migliori rispetto a chi non aveva un donatore. “Al contrario, il concetto di trapianto di salvataggio nella malattia avanzata, nonostante un punteggio di rischio basso EBMT , non si è rivelato valido” scrivono i ricercatori.

Secondo gli autori, questi e altri risultati suggeriscono che nei pazienti con un punteggio di rischio basso EBMT nei quali la terapia iniziale con TKI fallisce, si potrebbe prendere in considerazione un trapianto precoce, anziché un trattamento farmacologico di salvataggio.
“La valutazione della disponibilità dei donatori sarà un prerequisito per raggiungere questo obiettivo; così come bisognerà rinunciare al trapianto in assenza di un donatore disponibile a basso rischio” concludono gli autori.

A Gratwohl, et al. Long-term outcome of patients with newly diagnosed chronic myeloid leukemia—A randomized comparison of stem cell transplantation with drug treatment. Leukemia 2015; doi: 10.1038/leu.2015.281.