Cellule staminali della placenta sicure per trattare la sclerosi multipla

Una iniezione di cellule estratte dalla placenta potrebbe aprire le porte a nuovi trattamenti contro la sclerosi multipla: infatti in un primo studio clinico cellule staminali derivate da tessuto placentare umano sono state somministrate a 16 pazienti dimostrando per ora la sicurezza e la tollerabilità della procedura.

Coordinato da Fred Lublin docente della Icahn School of Medicine a Mount Sinai, lo studio getta le basi per nuovi trial clinici per dimostrare l’efficacia di questa terapia. Secondo quanto riferito sulla rivista Multiple Sclerosis and Related Disorders, già a partire da questo primo esperimento clinico sono emersi buoni segnali che queste cellule derivate dalla placenta – chiamate PDA-001 – possano effettivamente riparare i danni a carico del sistema nervoso tipici della malattia. La sclerosi multipla è una patologia autoimmune che attacca il sistema nervoso: i nervi, o meglio la guaina isolante che permette loro di trasmettere i segnali nervosi, sono attaccati da una reazione immunitaria impropria sferrata dall’organismo. Gli attacchi possono essere molteplici e quindi i danni divenire progressivamente sempre più invalidanti. Gli esperti pensano che le staminali estratte dalla placenta e coltivate in provetta possano proteggere i nervi e favorirne la riparazione.

L’indagine è stata condotta su 16 pazienti con sclerosi multipla (10 con forma remittente-recidivante e 6 con forma secondaria progressiva) di età compresa tra 18 e 65 anni. A 6 pazienti è stata somministrata una dose elevata di Pda-001, ad altri 6 una dose più bassa, e 4 sono stati trattati con un placebo. Tutti i soggetti sono stati sottoposti a scansioni cerebrali mensili. Al termine di 6 mesi nessun paziente ha mostrato alcun peggioramento alla risonanza magnetica e, dopo un anno, nella maggior parte si sono notati livelli stabili o migliorati di disabilità. “Speriamo di saperne di più su come le cellule stromali della placenta contribuiscono alla riparazione della mielina”, dice Lublino.  “Abbiamo il sospetto che si convertano in una cellula capace di produrre mielina, oppure che migliorino l’ambiente della zona in cui c’è il danno e consentano così la riparazione naturale. Il nostro obiettivo a lungo termine è quello di sviluppare strategie per facilitare la riparazione del sistema nervoso danneggiato”.

Ebbene questa ‘terapia’ è risultata per ora sicura e ben tollerata, priva di effetti collaterali. Inoltre i soggetti trattati non sono andati incontro a peggioramenti o ricadute nell’anno di osservazione. Serviranno ovviamente novi test per valutare l’efficacia terapeutica si detta cura cellulare.

Fonte:  Aduc.it

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