Sulla rivista scientifica "Nature" il caso Stamina Foundation

Un precedente pericoloso: così in sintesi viene definito il decreto Balduzzi del 21 marzo, che autorizza la prosecuzione delle cure con il metodo Stamina in 32 pazienti terminali, soprattutto bambini. Un articolo appena pubblicato sulla versione online dell’autorevole rivista scientifica “Nature”, firmato da Alison Abbott, riassume lo sdegno dei ricercatori italiani verso l’appoggio del Ministro della Salute  a un trattamento controverso, forse pericoloso, senza prove di efficacia rigorose.
L’autrice dell’articolo riassume la vicenda, raccogliendo le testimonianze di personalità della comunità scientifica e sottolineando come la decisione di Renato Balduzzi sia arrivata dopo “settimane di pressione dei media per autorizzare l’uso compassionevole della terapia sviluppata da Stamina Foundation.  Terapia vietata negli ultimi 6 anni proprio a causa del mancato rispetto delle regole di sicurezza”.

Secondo Elena Cattaneo, direttore del Centro ricerca staminali dell’Università degli Studi di Milano, si tratta di alchimia, non di medicina. “Andando contro le agenzie regolatorie -scrive la Abbott – Balduzzi ha contrastato  gli scienziati il 7 marzo, prima autorizzando la prosecuzione delle cure per la piccola Sofia (la bimba fiorentina malata di leucodistrofia metacromatica), e decidendo che le staminali venissero prodotte in una struttura con gli standard di sicurezza Gmp (Good manifacturing practice), riconosciuti a livello internazionale, poi permettendo anche  la versione ‘non-Gmp’.  E definendo come ‘trattamento’ una metodica non autorizzata, non pubblicata e sconosciuta”.

L’autrice ricorda come il presidente di Stamina Foundation, Davide Vannoni, psicologo dell’Università di Udine, abbia detto che la pubblicità sul trattamento gli ha portato 9 mila nuovi pazienti, tanto da sperare in altre variazioni alla legge per estendere la terapia. Secondo il magistrato Amedeo Santosuosso, giurista dell’Università di Pavia, riguardo all’attuale normativa nazionale sulle cure compassionevoli, la legge chiede alle autorità sanitarie di approvare la qualità delle terapie, ma nel caso del metodo Stamina l’uso compassionevole non è legittimato, perchè non c’è indicazione di efficacia.

Diverso è il parere di Vannoni: afferma infatti di avere sviluppato la terapia dopo aver ricevuto in Russia nel 2004 un trattamento a base di staminali per una paralisi facciale  virale. Dopo l’invito a Torino di uno scienziato russo e di uno ucraino per sviluppare il metodo, dichiara di aver trattato da allora circa 80 pazienti, con Parkinson, Alzheimer e disordini muscolari. I risultati non sono però mai stati pubblicati, così come i precisi dettagli della sua cura.

Gli scienziati si augurano che il successore di Balduzzi rispetti in futuro il ruolo dell’AIFA (l’agenzia italiana del farmaco) e delle altre agenzie regolatorie.

“Serve maggiore chiarezza e regole precise sul loro uso terapeutico, perchè non rappresentano sempre la panacea per tutti i mali” spiega la dottoressa Irene Martini, biologa e Direttore scientifico di SmartBank.
L’attuale polemica sulle cure compassionevoli e il dibattito acceso sulla necessità di regole più severe e controlli sulle infusioni di cellule staminali mesenchimali della Stamina Foundation, in alcuni bambini con malattie rare, sono più che leciti perchè, secondo le autorità scientifiche internazionali, su queste terapie non esistono ancora prove di efficacia e i miglioramenti osservati, in alcuni piccoli pazienti, potrebbero non essere dovuti affatto a questa cura sperimentale, potenzialmente pericolosa secondo il Ministero della Salute.

“Per le cure compassionevoli sono però d’accordo e soprattutto sostengo il desiderio di genitori che cercano terapie alternative possibili, senza incatenare un paese a preconcetti antichi. In altre parole, la ricerca deve andare avanti con le regolamentazioni necessarie, senza bloccarne le potenzialità, ma accompagnandone i percorsi sperimentali”.

 

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