Diagnosi preimpianto lecita: la corte europea boccia art. legge 40 su procreazione assistita
Il no a un articolo della legge 40 sulla fecondazione assistita arriva dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo; con la sentenza che già scatena polemiche e che diventerà definitiva entro tre mesi, viene bocciato il divieto di accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni per una coppia italiana fertile, ma portatrice sana di fibrosi cistica.
La Corte ha quindi accolto il ricorso di Rosetta Costa e Walter Pavan, a cui lo Stato dovrà versare 15 mila euro per danni morali e 2.500 per le spese legali sostenute, stabilendo che la legge 40 ha violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare.
La coppia italiana, che ha già un figlio malato, dopo aver scoperto di essere portatrice sana di fibrosi cistica, aveva deciso di rivolgersi alla fecondazione in vitro per poter fare i test genetici sull’embrione prima dell’impianto, escludendo così la trasmissione della malattia, possibilità vietata dalla legge 40. Con la sentenza i magistrati hanno sottolineato l’incoerenza del sistema legislativo italiano, che vieta la diagnosi genetica preimpianto, mentre un’altra legge dello Stato permette l’aborto terapeutico in caso di un feto con fibrosi cistica.
Secondo gli esperti, sarà molto difficile che la sentenza della Corte di Strasburgo abbia un effetto immediato sulle pratiche nei centri italiani per la fecondazione, che sarebbero comunque tecnicamente pronte a riprendere la diagnosi preimpianto.
Per l’Associazione Luca Coscioni, è il momento che il Parlamento cancelli la legge.
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