Il sangue non mente: il test-ematico che sostituisce biopsie e amniocentesi
Qualsiasi malattia, anche se silente e apparentemente senza sintomi, lascia una traccia nel sangue da decifrare.
Dopo decenni di studi, ricercatori americani e italiani hanno scoperto cosa può e potrà fare un semplice test ematico, non invasivo e privo di rischi, sostituendosi a biopsie e amniocentesi.
Il risultato che si prefiggono di ottenere tra qualche anno è enorme:
individuare tumori, malformazioni e forse anche l’Alzheimer e altre demenze senili ed i vantaggi potranno rivoluzionare non solo la diagnosi ma anche il trattamento e le possibilità di cura.
Una realtà oggi è rappresentata dalla possibilità di individuare la presenza di tumori e di effettuare diagnosi prenatali per analizzare il rischio di trisomie fetali (vd. sindrome di Down, di Edward e di Patau).
Il traguardo da raggiungere riguarda, invece, le diagnosi di malattie neurologiche come l’Alzheimer, la depressione, le psicosi e le demenze senili.
Il punto di partenza di queste ricerche è proprio la diagnosi prenatale, iniziata con la scoperta, negli anni ’70, di cellule dei neonati nel sangue della madre – dove restano per decenni – ed in maniera prorompente dopo aver imparato a leggere il DNA umano, intorno al 2000.
Nel sistema circolatorio finiscono, infatti, cellule provenienti da tutti gli organi del corpo, frammenti di materiale genetico, quale materiale di scarto di processi metabolici, di replicazioni e di morti cellulari avvenuti chissà dove. Non c’è periferia che non venga toccata da questa rete di smistamento.
Ad inizio Aprile, l’Università della California ha dimostrato che l’analisi del sangue materno è più efficace di amniocentesi e villocentesi che comportano un rischio per il feto.
Sul New England Journal of Medicine i ricercatori hanno pubblicato un risultato importante:
su 16mila donne studiate, 38 portavano in grembo un figlio down ed il test del sangue le ha individuate tutte mentre gli esami tradizionali ne hanno persi 8.
Oggi gli sforzi si stanno concentrando per leggere l’impronta scritta dalla malattia sul sangue, cioè nella battaglia contro il cancro.
Da un lato c’è la prospettiva di diagnosticare il tumore prima che dia sintomi, e con un semplice prelievo. Dall’altro la possibilità di monitorare, passo dopo passo, l’efficacia di una cura.
Massimo Cristofanilli, oncologo della Thomas Jefferson University di Philadelphia, spiega:”Il tumore è una malattia che cambia continuamente durante il trattamento. Il vantaggio dei test del sangue è poter verificare come varia la biologia del tumore in tempo reale, invece di dover ripetere una procedura invasiva e costosa come la biopsia tradizionale“.
Ai congressi lo scienziato ha presentato il caso di una paziente che si è ammalata di cancro al seno nel 2007, a 55 anni. Nel 2013 la prima analisi del sangue ha mostrato che nel Dna del tumore c’era l’alterazione di un gene pericoloso, capace di far accelerare la malattia. Alla sua terapia è stato subito aggiunto un nuovo farmaco, più aggressivo. Il tumore è rallentato e la successiva analisi del sangue ha mostrato una riduzione della quantità di Dna alterato. Ma in un nuovo prelievo, a settembre del 2014, sono comparse nuove, numerose alterazioni contro le quali i farmaci precedenti erano evidentemente poco efficaci. Dopo l’esame del sangue, anche la Pet ha confermato l’aggravamento. Subito i farmaci sono stati adattati per rispondere all’avanzamento del tumore. “La concordanza fra le biopsie tradizionali e i test del sangue oggi raggiunge quasi il 90%“, conferma Cristofanilli.
Negli Stati Uniti le sperimentazioni delle “biopsie liquide” sono ormai avanzate e coinvolgono migliaia di pazienti, in genere in fase di metastasi. Quando i trial saranno completati – fra circa un paio di anni – i test del sangue diventeranno disponibili per tutti.
Per tumori difficili da individuare in fase precoce, come pancreas e ovaio, i prelievi potrebbero rappresentare un salvavita. Ma più in generale osservare a tu per tu l’evoluzione del cancro potrebbe mettere in discussione il sistema delle cure attuali. Analizzando nel sangue il Dna rilasciato dal tumore della prostata, Paul Workman e i suoi colleghi dell’Institute of Cancer Research di Londra si sono accorti che alcuni farmaci rischiano addirittura di selezionare le più resistenti fra le cellule del tumore. Qualora questo avvenisse, solo una biopsia liquida permetterebbe di mutare subito rotta nella cura.
La ricerca è stata pubblicata a settembre dell’anno scorso su Science Translational Medicine: “Sappiamo che le cellule del tumore possono evolversi e cambiare con il tempo“, racconta Workman. “Questo potrebbe permettergli di diventare resistenti ai farmaci che usiamo per combatterle. Per evitarlo, è fondamentale analizzare periodicamente dei campioni del tumore, ma questo è molto difficile con le biopsie tradizionali. I test del sangue ci permettono di evitare che un trattamento favorisca la selezione delle cellule più cattive“.
Se gli Usa sono all’avanguardia in un settore della medicina ad alta tecnologia (la lettura rapida del Dna ha bisogno di sequenziatori avanzati e l’analisi dei dati di computer potenti), l’Italia non sfigura certo al loro cospetto.
L’Istituto Tumori di Milano e l’Istituto Europeo di Oncologia hanno appena sperimentato due “biopsie liquide” che cercano nel sangue tracce molto piccole di materiale genetico dei tumori del polmone. Le “pistole fumanti” che indicano la presenza di un cancro sono molecole chiamate microRna. Le sperimentazioni, finanziate dall’Associazione per la Ricerca sul Cancro (Airc), dalla fondazione Monzino e dalla fondazione Veronesi sono state effettuate a Milano su un gruppo di forti fumatori. “Incrociando i dati della Tac spirale con quelli del test del sangue abbiamo individuato i microRna utili per la diagnosi precoce e il monitoraggio della malattia“, dice Gabriella Sozzi, direttrice del laboratorio di genetica dei tumori dell’Istituto Tumori. “I microRna non vengono rilasciati solo dalle cellule tumorali, ma dall’organo stesso, che una volta colpito reagisce alla malattia e si prepara a ospitarla“.
L’Istituto Tumori è alla ricerca di altri mille volontari, forti fumatori di almeno 50 anni, per portare avanti la sua sperimentazione (informazioni su www.biomild.org). Rispetto alla Tac spirale, costosa e non sempre precisa (potrebbe vedere tumori che non esistono), i test del sangue promettono di risparmiare, tempo, ansia e denaro.
“Se oggi ci vogliono 10mila Tac per diagnosticare 100 tumori – spiega Fabrizio Bianchi, responsabile del laboratorio di genomica e bioinformatica dell’Istituto europeo di oncologia – domani facendo uno screening preliminare con i microRna ne basteranno solo 3.108“.
Le mamme in attesa di un bambino che desiderano informazioni sul test di diagnosi prenatale possono leggere alla pagina “Test prenatale Harmony“.