NUOVA RICERCA HIV: le cellule staminali impediscono al virus di invadere il sistema immunitario

Lo studio, pubblicato sulla rivista Cell Stem Cell la scorsa settimana, rappresenta un primo importante passo verso la comprensione di ciò che rende le nostre cellule fortemente vulnerabili al virus. Stando alle informazioni ottenute dallo staff di ricerca, questa nuova procedura permetterebbe alle cellule umane di contrattaccare il virus dell’HIV, senza rimanerne vittime.

Dettagli scientifici :
Il virus dell’HIV colpisce soprattutto le cellule T, uno dei principali gruppi di cellule del nostro sistema immunitario. Il virus penetra attraverso un recettore chiamato CCR5, che funge un po’ da “porta d’accesso” alle cellule. Una volta all’interno, l’HIV si replica, uccide la cellula ospite e comincia ad attaccare il sistema immunitario del soggetto, finendo per renderlo vulnerabile perfino alle infezioni più leggere (influenza).
Con questa nuova tecnica chiamata CRISPR/Cas9, è possibile modificare i geni rilevanti ai fini della lotta all’HIV, partendo proprio da cellule provenienti dal paziente stesso.
Per quanto riguarda i pazienti affetti da HIV, queste sarebbero le cellule T, le cellule staminali ematopoietiche (che formano il sangue) e le cellule progenitrici (HSPCs), che costituiscono essenzialmente le basi del nostro sistema immunitario.

Lo studio e i risultati:
Usando questa tecnica, un team di ricercatori di Harvard – guidato da Derrick Rossi e Chad Cowan – è riuscito a prelevare con successo il recettore CCR5 dalle cellule staminali del sangue.
In che modo le cellule staminali vengono modificate?
Semplicemente viene rimossa la cosiddetta “porta d’accesso” sfruttata dal virus HIV per infiltrarsi nelle cellule ospiti, ossia il recettore CCR5.
Cellule prive di CCR5 sarebbero, dunque, cellule resistenti all’HIV.
Oltre a ciò, il team ha esplorato a fondo le possibili implicazioni di questa procedura, ma non sembrano essersi sviluppate mutazioni indesiderate dovute all’assenza di questo recettore, dunque, la tecnica sembra essere sicura.

Questo nuovo approccio terapeutico per la lotta all’HIV potrebbe essere pronto per la sperimentazione umana tra meno di cinque anni. Anche se, così come ha aggiunto Cowan, “c’è ancora molto lavoro da fare”.