Pacemaker a base di cellule staminali pluripotenti

L’uso delle staminali potrà surrogare l’uso di invasivi dispositivi medici.
È il caso di un pacemaker cardiaco biologico generato a partire da cellule staminali pluripotenti, al quale stanno lavorando i ricercatori del dipartimento di bioscienze dell’università Statale di Milano, dal gruppo del professor Andrea Barbuti, in collaborazione con il team del professoressa Graziella Messina. Gli studiosi sono riusciti per prima volta a creare in laboratorio una popolazione pura di cardiomiociti pacemaker, partendo, per l’appunto, da cellule pluripotenti di topo.

Come si legge su Circulation Research, il “PaceLab” ha messo a punto un protocollo basato sulle cellule CD166+ che  esprimono diversi geni normalmente coinvolti nello sviluppo del “nodo senoatriale” e presentano le proprietà molecolari ed elettriche (potenziali d’azione e correnti ioniche) tipiche di cardiomiociti senoatriali adulti; infatti si contraggono spontaneamente e ritmicamente.

Queste cellule CD166+ sono in grado di imporre il loro ritmo a miociti ventricolari, comportandosi quindi come un vero e proprio pacemaker. L’obiettivo è quello di affrontare nella maniera più naturale le disfunzioni tipiche del pacemaker cardiaco, il cosiddetto nodo senoatriale, e del tessuto di conduzione, i quali finiscono per dare origine ad aritmie pericolose per la vita. E che non a caso impongono l’impianto di un pacemaker elettronico. Ma questi meccanismi spesso presentano tuttavia alcuni limiti che mettono a rischio la qualità di vita del paziente: bisogno di manutenzione frequente, pericolo di infezioni e interazione con campi elettromagnetici.

Tutte circostanze che nel prossimo futuro potrebbero essere superate dallo sviluppo di un pacemaker biologico, cioè attraverso un substrato cellulare, derivato da cellule staminali, funzionalmente simile al tessuto pacemaker nativo (nodo senoatriale) e quindi in grado di interagire e guidare il ritmo del miocardio ospite e di interagire con il sistema neuro-endocrino.
Sempre la ricerca pubblicata da Circulation Research, fa notare che “la traslazione di tale protocollo a cellule staminali pluripotenti indotte (iPS) umane, derivate direttamente dai pazienti affetti da patologie cardiache, potrebbe aprire la strada allo sviluppo di un pacemaker biologico personalizzato da utilizzarsi per la sperimentazione farmacologica in vitro di nuovi farmaci cardioattivi e/o per future applicazioni cliniche”.

Fonte: Farmacia.it

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