Paralisi cerebrale infantile: nuove linee guida, un "modello" dall'Italia per indicazioni internazionali

Succede negli ultimi momenti della gravidanza, durante il parto o entro i primi 2-3 anni di vita, spesso per colpa di un’emorragia o un’ischemia che provocano una riduzione del sangue al cervello. Eventi imprevedibili ma il risultato è sempre lo stesso: la paralisi cerebrale infantile, un problema che colpisce circa 50mila bambini in Italia e per cui oggi sono in arrivo nuove raccomandazioni nazionali per la riabilitazione, messe a punto dalla Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa (SIMFER) e dalla Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA).

L’obiettivo è aggiornare le linee guida nazionali precedenti, per dare uno strumento che consenta di trattare al meglio i piccoli pazienti.

«Nonostante la paralisi cerebrale infantile sia la principale patologia neurologica dell’infanzia, non esistono linee guida internazionali per gestirla – spiega Enrico Castelli, responsabile dell’Unità di Neuro-Riabilitazione di Palidoro dell’Ospedale Bambino Gesù e coordinatore per la stesura delle raccomandazioni – In Italia invece abbiamo da oltre dieci anni indicazioni che vengono periodicamente rivalutate: quest’ultima nostra revisione speriamo possa fare da modello per arrivare a linee guida internazionali condivise, visto che il documento è stato molto ampliato e approfondito e non è un semplice aggiornamento.
Il numero di raccomandazioni è cresciuto da 37 a 49 e forniamo non solo indicazioni pratiche sulla gestione dei casi, ma anche riferimenti che possano servire a supporto della diagnosi differenziale con altre patologie e una nuova classificazione approfondita delle varie forme di paralisi cerebrale infantile, adattando la Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della Salute. Il risultato è un documento completo, che speriamo serva anche al Ministero della Salute come riferimento per aggiornare i servizi di riabilitazione sul territorio dedicati alla paralisi cerebrale infantile».

Un problema molto frequente

Come abbiamo già avuto modo di scrivere negli articoli sul trapianto della bimba italiana, grazie alle sue staminali cordonali che i genitori hanno (avevano) conservato con noi, la patologia è purtroppo più comune di quanto si creda: colpisce infatti un bimbo ogni 500 nati vivi ed è provocata da una lesione non progressiva del sistema nervoso centrale. In sostanza, il cervello viene danneggiato in una fase critica dello sviluppo (durante la gravidanza o entro i primi due-tre anni di vita) e la lesione, pur non progredendo come accade nel caso di alcune patologie neurologiche ereditarie, provoca disturbi motori e cognitivi più o meno gravi.
I neonati prematuri e quelli con basso peso alla nascita sono più a rischio, ma di fatto la malattia non è prevenibile visto che può manifestarsi a seguito di problemi spesso difficili da prevedere o arginare, come complicanze durante il parto, eventi ischemici intrauterini, anomalie cerebrali congenite.
Il risultato è un ritardo psicomotorio da valutare con precisione perché, a seconda del grado e del tipo di disturbo, si può ipotizzare a grandi linee lo sviluppo futuro del bambino, così da stabilire come intervenire per aiutarlo a progredire più possibile partendo dalla sua condizione.
Il trattamento è sostanzialmente la riabilitazione, da iniziare nei primi mesi di vita per migliorare la postura, il tono muscolare, la mobilità delle articolazioni e da proseguire a lungo termine come terapia di base.
Gli obiettivi variano naturalmente da caso a caso e nel corso del tempo e della crescita del bimbo: la speranza è che linee guida più particolareggiate e approfondite possano aiutare sempre più bambini a raggiungere un maggior grado di autonomia, movimento e capacità di comunicazione.

Fonte: Corriere Sera Web- Pediatria

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