Scoperta nuova famiglia di cellule staminali in grado di generare tessuto connettivo

Scoperta nuova famiglia di cellule staminali in grado di generare tessuto connettivo e in particolare dell’osso.
Sono tanti i settori dell’organismo e più in particolare del tessuto connettivo, che potrebbero avere bisogno di cellule staminali capaci di specializzarsi e andare a ripopolare aree alterate da gravi lesioni o ferite: cartilagini distrutte da un trauma, muscoli deprivati di tessuto dopo un intervento chirurgico.

A Genova, nei laboratori del Dipartimento di Medicina Sperimentale (Dimes) dell’Università presso l’Ospedale San Martino-Ist, un gruppo di ricercatori coordinati da Ranieri Cancedda è riuscito a identificare nel topo una nuova famiglia di cellule staminali mai individuata prima. Queste cellule hanno dimostrato non solo di esistere, ma di essere in grado di andare a “crescere” all’interno del tessuto connettivo, e in particolare nell’osso. Lo studio, apparso su Scientific Reports, apre una nuova frontiera per la cura di gravi traumi o malattie degenerative dei tessuti che costituiscono l’organismo.

«Le cellule scoperte a Genova sono molto piccole e hanno un profilo di espressione genica diverso da tutte le altre cellule staminali conosciute a oggi – fa sapere Cancedda, già direttore del Corso di Biotecnologie dell’Università. Queste nuove cellule hanno proprietà simili ad alcune cellule presenti nell’embrione nelle prime fasi del suo sviluppo e sono capaci di migrare selettivamente in siti di lesione dei tessuti connettivi, differenziandosi nelle cellule del tessuto dove sono migrate».
Il fatto importante sta nell’autonoma “applicazione” di queste staminali all’interno dell’organismo dei topi trattati: le staminali sono andate a riprodursi nell’osso assumendo le caratteristiche del tessuto in cui sono migrate,  contribuendo direttamente alla riparazione del danno, in questo caso una frattura.

Nell’esperimento realizzato nel capoluogo ligure prima si è provveduto a riconoscere queste cellule in una particolare famiglia di topi geneticamente modificati, in cui le cellule risultano fluorescenti e quindi facilmente seguibili nel loro cammino all’interno dell’organismo. Poi queste stesse staminali sono state iniettate all’interno della coda di animali sani, in cui si era verificata una frattura, seguendo nel tempo queste cellule “colorate” e quindi identificabili tra quelle originali dell’animale.

La sorpresa è stata grande quando ci si è accorti che dopo tre settimane le stesse cellule erano andate a replicarsi all’interno delle ossa fratturate diventando probabilmente “adulte” nei tessuti in cui si è verificata la correzione della frattura. Ovviamente, questo primo studio rappresenta solo l’inizio di un percorso di ricerca appena iniziato.

La sfida è ora riconoscere se cellule di questo tipo sono presenti anche nell’organismo umano. La prospettiva di isolare una popolazione simile dal sangue umano, o comunque di controllarne proliferazione e differenziamento nei siti di lesione, apre nuove affascinanti possibilità per quanto riguarda la biologia delle cellule staminali e la medicina rigenerativa.

 

 

Fonte: Ansa