"Trial clinici sull'uomo contro il Parkinson entro il 2018" parla la senatrice Elena Cattaneo

“Trial clinici sull’uomo contro il Parkinson entro il 2018” parla la senatrice a vita Elena Cattaneo che racconta perchè la scienza è pronta a scommettere sulle staminali nella lotta alle malattie degenerative. A partire dal Parkinson.

“Siamo qui perché è qui che la scienza si realizza, diventa fenomeno di coesione e integrazione con le decisioni politiche. Dobbiamo solo trovare le parole e le strategie per far capire che gli obiettivi della scienza e della politica non sono diversi. In fondo, perdonatemi la battuta, scienziati e politici fanno parte della stessa specie”. Con queste parole Elena Cattaneo, professore ordinario dell’Università degli Studi di Milano e senatrice a vita, ha aperto il convegno sulle promesse delle terapie con le cellule staminali per le malattie neurodegenerative (Stem Cell Therapy for Neurodegenerative Diseases). E non lo ha fatto, stavolta, in un’aula universitaria o nel corso di un congresso scientifico, ma a Palazzo Giustiniani, una delle sedi del Senato. Con la chiara intenzione di far incontrare due mondi che a volte sembrano troppo lontani (e il caso Stamina ce lo ha ricordato), e di farlo raccontando quali sono le promesse più concrete che la ricerca sulle cellule staminali ha prodotto nella lotta alle malattie degenerative, come Corea di Huntington, Sclerosi multipla e Parkinson.

Soprattutto per il Parkinson, la malattia neurodegenerativa per la quale siamo più vicini a una reale applicazione della medicina rigenerativa con le cellule staminali. Perché, a differenza della Huntington per esempio, è il campo dove siamo più avanti, spiega la Cattaneo: “Se non ci si riesce col Parkinson credo che sarà difficile pensare un’applicazione in medicina rigenerativa per le cellule staminali. Il Parkinson è la scommessa, il banco di prova” . Una scommessa che nel giro di due tre anni si trasformerà in diversi trial clinici, in tutto il mondo. A partire dall’Europa, con il NeuroStemcellRepair, il programma coordinato dalla Cattaneo che mira a generare neuroni dopaminergici (quelli persi nel Parkinson) a partire da cellule staminali embrionali da utilizzare nei trial clinici nel 2018.

In realtà quella dei trapianti di neuroni contro il Parkinson è storia vecchia, ma solo ora arrivata a un punto di svolta, pronta a fare il salto. “Venticinque anni fa si è partiti con l’idea di capire se neuroni presi da tessuto fetale abortivo, trapiantati nel paziente con Parkinson potessero fornire la prova di concetto che questa cosa poteva funzionare: se mancano neuroni nel parkinsoniano e disponiamo di neuroni veri, quelli presi da tessuto abortivo, i pazienti ne possono beneficiare?”.
Era il 1987 quando cominciarono i trapianti di tessuto fetale nei pazienti con Parkinson (la prima pubblicazione, quella del team di Anders Björklund della Lunds University è del 1990) e da allora, nel mondo circa 200 persone li hanno ricevuti, con risultati tutt’altro che riproducibili. “Su alcuni il trapianto sembrava non funzionare affatto, per altri invece i risultati nel tempo sono stati stupefacenti: alcuni sono vissuti per quasi vent’anni recuperando le funzioni motorie, senza aver bisogno di terapia farmacologica. Al di là delle disparità dei risultati avevamo la conferma che la prova di concetto c’era: si poteva sostituire i neuroni morti con neuroni autentici e cambiare il decorso della malattia”.

Ma, per ovvie ragioni, i tessuti fetali abortivi non solo la fonte migliore da cui pescare i neuroni da trapiantare. Serviva un metodo che permettesse di produrre neuroni autentici in quantità e in modo qualitativamente riproducibile. È così che, circa dieci anni fa, si è intrapresa la strada delle staminali embrionali, la fonte ideale per ottenere neuroni dopaminergici: “I colleghi Björklund e Malin Parmar della Lunds University hanno preso queste cellule, le hanno istruite a diventare neuroni dopaminergici autentici, e con infinite prove in animali da laboratorio – su topi, ratti e ora negli Usa anche sulle scimmie – hanno messo a punto un protocollo che le istruisce correttamente a diventare i neuroni giusti”, spiega la senatrice: “Sostanzialmente si tratta di prendere una cellula nuda, la embrionale, e di vestirla degli abiti giusti per farla diventare autentica: un vero neurone. L’obiettivo è di produrli in vitro e poi trapiantarli”. Per sostituire quelli morti – la medicina rigenerativa mira principalmente a questo, ricorda Cattaneo – ma non è escluso che le staminali possano essere usate anche come terapia antinfiammatoria, magari come approccio complementare.
Ora è tempo di scoprire le carte per capire cosa c’è: siamo pronti a partire a breve con i primi trial clinici nell’essere umano”. A farlo non c’è solo il programma coordinato dalla senatrice. In Giappone, per esempio, l’organizzazione CiRA (Center for iPs Cell Research and Application) punta ad avviare studi clinici sul Parkinson utilizzando le staminali indotte (le iPS, Induced pluripotent stem cells), mentre Nystem negli Usa per il 2018 promette di avviare trial a partire dalle staminali embrionali.

Quell’idea, nata negli anni Ottanta, si appresta quindi a diventare un risultato tangibile da sperimentare sui pazienti. Un percorso che ci ricorda quanto sia lungo, a volte, nella scienza raggiungere dei risultati , ma che sottolinea anche l’importanza della libertà della ricerca, ribadisce la Cattaneo.
Questione questa che ha necessariamente a che fare con la politica :
“Studiare e lavorare porta a dei risultati ma bisogna essere liberi di farlo. Le staminali embrionali su cui hanno lavorato i colleghi e messo a punto i protocolli da cui partiranno i trial clinici derivano da blastocisti [uno stadio precoce dell’embrione, nda] sovrannumerarie, altrimenti distrutte. Cosa impedita in Italia dalla legge 40, che ci proibisce di derivarle dagli embrioni ma al tempo stesso ci permette di importarle dall’estero, dove la libertà di ricerca permette di sviluppare competenze come queste. Se domani ci sarà una terapia per il Parkinson a base di staminali lo dovremo a questi colleghi e non a una legge ipocrita in Italia”.