CCR5Δ32 non è una navicella spaziale ma la mutazione genetica che consente di guarire dall’HIV con il trapianto di cellule ematopoietiche: il caso del paziente inglese
Per la seconda volta da quando è scoppiata l’epidemia legata all’HIV, il virus che causa l’Aids, un paziente a Londra sembrerebbe essere stato curato dall’infezione: lo riporta la rivista scientifica Nature. L’uomo, un londinese, sembra essere libero dal virus dell’Aids dopo un trapianto di cellule staminali.
Il primo tentativo di questo tipo fu effettuato un paziente di Berlino, il caso di Timothy Ray Brown,circa dieci anni fa, ma allora la terapia si era rivelata così aggressiva da costringere a sospendere la sperimentazione. Questo genere di trapianti, sottolineano i ricercatori, sono pericolosi e hanno fallito in altri pazienti. Anche in questo caso, nonostante il test risalga a 18 mesi fa, i ricercatori raccomandano la massima prudenza e sottolineano che è troppo presto per parlare di ‘cura’.
Attualmente sono circa 37 milioni le persone colpite dall’infezione da HIV, ma solo 21 milioni hanno accesso alla terapia antiretrovirale (ART) che permette di sopravvivere a lunga scadenza. Questa terapia, però, è molto costosa, anche perché la comparsa di ceppi HIV resistenti richiede la messa a punto di farmaci più efficaci e sempre più costosi. Per questo la ricerca di mezzi per ottenere una soppressione durevole e senza farmaci del virus è molto attiva.
L’uomo era sieropositivo dal 2003 e aveva iniziato nel 2012 la terapia antiretrovirale. Nello stesso anno gli era stato diagnosticato un linfoma di Hodgkin in stato avanzato. Così, oltre alla chemioterapia, nel 2016 ha avuto il trapianto di cellule staminali di un donatore, con una specifica mutazione genetica che le rendeva resistenti al virus dell’HIV. Il trapianto ha così cambiato il sistema immunitario del paziente, dandogli la stessa resistenza all’HIV del donatore. Molte forme di HIV si servono di un gene, il CCR5, che viene utilizzato dal virus per entrare nelle cellule da infettare.
Alcune persone però sono portatrici di una particolare mutazione del gene CCR5 che le protegge dall’infezione. Il donatore usato in questo caso aveva due copie di questo gene mutato, ed era quindi resistente al virus.
Di solito l’HIV si serve di questo recettore per penetrare nelle cellule, ma la variante in questione – chiamata Δ32 perché nel gene c’è una delezione (eliminazione) di 32 coppie di basi – ne cambia lievemente la forma, impedendo l’ingresso del virus, tanto da rendere refrattari alla malattia chi ne è portatore.
I ricercatori dello University college e dell’Imperial college di Londra, guidati da Ravindra Gupta, hanno fatto sospendere la terapia antiretrovirale al paziente 16 mesi dopo il trapianto, e 18 mesi dopo (quindi a 35 dal trapianto) non hanno traccia del virus nell’uomo.
Fonte: Nature, 5 marzo 2019 https://www.nature.com/articles/s41586-019-1027-4