Le staminali che salvano da lesioni o malattie al cervello, come Parkinson, Alzheimer…

Quando il cervello è affetto da lesioni o malattie, come il morbo di Parkinson o le conseguenze di un ictus, le cellule nervose (i neuroni) muoiono, o cominciano a morire, con conseguente perdita di capacità motorie, sensoriali e cognitive. E solo fino a tre decenni fa si dava per scontato che i neuroni morti o danneggiati in un cervello adulto non potessero essere sostituiti e che le funzioni o le capacità perse non potessero essere ripristinate.
Poi la grande scoperta, basata su una grande quantità di dati provenienti da studi in animali e nell’uomo: i neuroni possono essere sostituiti, il cervello gode di una sua plasticità, la rigenerazione è possibile. Appurato questo, è partita la grande sfida sui tempi di questa riparazione e sul come innescarla prima e favorirla. Primo obiettivo le malattie neurodegenerative e le conseguenze di gravi lesioni qualunque ne sia l’origine.

Il neurologo svedese Olle Lindvall, 68 anni, del Lund strategic research center for stem cell biology and cell therapy dell’ospedale dell’università di Lund (Svezia), è uno dei protagonisti di questi ultimi 30 anni di ricerca nelle Neuroscienze. I suoi risultati li ha enunciati il 5 ottobre scorso al Teatro Sociale di Bergamo durante la XII edizione di BergamoScienza. Sua la lettura magistrale dal titolo «Si può riparare il cervello?». La sua risposta è «Sì».
Olle Lindvall è stato invitato dagli organizzatori e dall’Associazione italiana sclerosi multipla (Aism) che finanzia numerosi studi (anche internazionali) in materia. Olle è uno scienziato candidato al premio Nobel ed essendo svedese ha buone probabilità di vincerlo. Anche perché lui è ormai arrivato alla sperimentazione clinica delle staminali sui pazienti affetti da Parkinson.
I primi test su animali e uomo hanno dato risposte superlative: nuovi neuroni sostituiscono quelli morti, i sintomi del Parkinson si sono arrestati nella progressione e hanno cominciato a regredire. Ora si può fare sul serio e fare test su più pazienti per verificare se questa è la cura giusta. E se i benefici avanzano nel tempo senza sorprese.
«Le cellule staminali sono cellule primitive non ancora dotate di specializzazione, ma capaci di trasformarsi in diversi tipi di cellule del corpo, con funzioni speciali, ad esempio le cellule nervose del cervello. Riuscire a raggiungere i tessuti cerebrali danneggiati per ‘ripararli’ è la promessa delle staminali per trattare malattie neurodegenerative come, il morbo di Parkinson, la sclerosi multipla e l’Alzheimer. Sperimentazioni cliniche con trapianto di neuroni fetali dopaminergici in pazienti affetti dalla malattia di Parkinson hanno fornito, per la prima volta, la prova di principio che è possibile sostituire le cellule morte con nuovi neuroni sani nel cervello di uomini adulti – spiega Lindvall al Corriere -.
Nel loro insieme, i dati disponibili giustificano l’avanzamento della ricerca in un modo responsabile, generando cellule dopaminergiche che dovrebbero poi essere testate in studi clinici controllati, usando una selezione ottimale dei pazienti e procedure rigorose di preparazione delle cellule e di trapianto». A Lund ci sono arrivati.

I neuroni dopaminergici (quelli che producono dopamina, la cui carenza è causa del Parkinson) possono ora essere generati in gran quantità da cellule staminali e sono pronti in poco tempo per l’applicazione ai pazienti. Olle Lindvall ha passato la sua vita di ricercatore (40 anni) nel cercare di riparare il cervello e ripristinare le funzioni perse, sostituendo i neuroni morti con altri nuovi e sani. La «cura» del Parkinson è l’esempio più calzante, perché la ricerca è arrivata all’obiettivo, ma il metodo può essere adottato anche in altre malattie neurodegenerative e nella rigenerazione dopo lesioni.
Lindvall mostra le prove che la «sostituzione dei neuroni è possibile anche in cervelli adulti di 50-60enni».
Le staminali trasformate in «farmaco» per uso clinico, le cure cellulari diventate realtà per quanto riguarda il cervello. Lindvall è emozionato quando racconta il percorso di successi e insuccessi che ha portato ai primi risultati da brindisi con la sua équipe nel laboratorio di Lund. Racconta, nella sua lettura magistrale, i primi studi clinici con trapianto di cellule prelevate dalla parte midollare del surrene del paziente stesso (1985), le considerazioni etiche sull’uso del tessuto cerebrale prelevato da feti umani e trapiantato (1985-1987), i primi insuccessi con tessuto fetale (1987). E le prime manifestazioni che i neuroni trapiantati possono sopravvivere, crescere, rilasciare la molecola segnale mancante (dopamina), essere integrati nel cervello del paziente, e migliorare la funzione e ridurre i sintomi della malattia per molti anni (1990-2014).

«Il segreto era nella tecnologia per preparare dalle staminali dei tessuti fetali grandi quantità di neuroni nuovi, sani e produttori di dopamina. Grandi quantità e alta qualità. La via è stata trovata», è il segreto svelato da Lindvall.
Ma quali staminali sono le migliori? «Nella cura del Parkinson ne abbiamo provate di diverse fonti – risponde -: quelle neurali del mesencefalo di feti umani abortiti; le embrionali da ovulo fecondato; le staminali pluripotenti indotte generate dalla riprogrammazione di cellule adulte della pelle umana; neuroni che producono dopamina ottenuti mediante ‘riprogrammazione’ di fibroblasti umani.
Le nostre conclusioni, da quanto osservato sul campo, è che le cellule staminali embrionali sembrano essere la fonte più promettente per la produzione di neuroni dopaminergici per il trapianto. Gli studi clinici sui pazienti con morbo di Parkinson sono ora pianificati e pronti a partire».
E il futuro? «Emozionante. Dopo tutte le selezioni, oggi possiamo generare neuroni nuovi da varie fonti: da staminali embrionali o ‘riprogrammate’ da cellule adulte; da staminali (attivandole) che esistono nel cervello adulto sano e anche in quello dei già malati; da cellule gliali (cellule di supporto) presenti nel cervello avviandone in vivo una ‘riprogrammazione’. Poi le cellule trapiantate nel cervello possono essere ‘aiutate’ a dare il meglio». Alimentandole, modulando l’infiammazione in atto e che possono favorire, stimolando la loro plasticità neurale. Passo dopo passo, lentamente, si è arrivati sulla soglia del successo. La soluzione è a portata di mano. Parola di Olle Lindvall.

 

Fonte: Corriere della sera – Salute

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