Nuove speranze per le malattie degenerative muscolari

Per riparare o rigenerare i muscoli danneggiati da alcune malattie degenerative, come la distrofia muscolare o danni acuti, un team di ricercatori italiani, guidati da Cesare Gargioli, dell’Irccs MultiMedica di Milano e membro del Dipartimento di biologia dell’Università Tor Vergata di Roma, ha messo a punto una nuova tecnica:
prevede l‘impiego di cellule staminali (precursori delle cellule muscolari) ‘incapsulate’ in un gel e iniettate direttamente nel muscolo scheletrico lesionato.
I risultati dello studio sono stati pubblicati insieme ad altri ricercatori europei e israeliani sulla rivista scientifica ‘Skeletal Muscle’. La cura è stata per ora sperimentata con successo solo nei topi, ma potrebbe aprire la strada a sperimentazioni future anche sull’uomo. Secondo i ricercatori, non si tratterebbe di una metodica nuova, ma della combinazione di due già esistenti, penalizzate da qualche limitazione, se usate da sole: la terapia cellulare con trapianto di staminali (in cui le cellule mostrano una scarsa sopravvivenza) e l’ingegneria tissutale, in cui le cellule immerse in un biomateriale sono iniettate nel muscolo da ricostruire.

Nella sperimentazione i mesoangioblasti (Mabs), cosi sono chiamate le staminali/precursori delle cellule muscolari, sono state inglobate in un idrogel di supporto a base di polietilenglicole e fibrinogeno (detto Pf e già dimostratosi efficace nell’ingegneria tissutale del cuore), quindi, inoculati in muscoli della zampa di topi affetti da distrofia muscolare in stadi avanzati.
Dopo la terapia gli studiosi hanno osservato un aumento dell’attecchimento e della sopravvivenza dei mesoangioblasti associati al Pf, rispetto alle stesse cellule iniettate in una soluzione salina. Non solo, ma in 5 settimane i ricercatori hanno confermato la migliore integrazione di questi precursori nelle fibre rigeneranti dei topi, oltre a una migliore organizzazione delle fibre muscolari.
Sia i Mabs, che il Pf sono impiegati attualmente e separatamente in diversi studi clinici, ma il loro uso combinato potrebbe aumentare notevolmente l’efficacia della terapia cellulare per i malati con forme localizzate di distrofia muscolare o altre malattie responsabili di danni al tessuto muscolare scheletrico.

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