Ad Expo il gruppo del San Matteo di Pavia spiega come la dieta influenza le cellule staminali del cordone ombelicale

Ad Expo il gruppo del San Matteo di Pavia spiega come la dieta influenza le cellule staminali del cordone ombelicale.

Non solo il nostro benessere ma anche la salute futura dei nostri figli è influenzata dal modo in cui mangiamo: troppo, troppo poco o male.
Su questo argomento, la biotecnologa Manuela Monti del gruppo di Medicina rigenerativa dell’Osp. San Matteo di Pavia,  assieme a Carlo Alberto Redi, Cesare Perotti e Claudia Del Fante,  hanno presentato ad Expo, domenica 6/9,  il frutto della loro ricerca, in un incontro dal titolo «Nutrirsi bene per il primo dono. Staminali da cordone ombelicale e dieta» (ore 16, Casa Corriere).

«Noi non ci occupiamo di alimentazione – precisa Redi, che è anche consigliere d’amministrazione del San Matteo – ma di cellule staminali. E’ importante spiegare in che termini la dieta, intesa negli elementi costitutivi dei cibi, possa essere messa in relazione alla costituzione di cellule germinali staminali, ovvero ovociti e spermatozoi, e quale legame c’è tra quello che introduciamo nel nostro corpo e la capacità di rigenerarsi delle nostre cellule. In pratica: come le staminali sono legate al cibo che mandiamo giù».

Tutto questo sta nel campo di studio chiamato “epigenetica”, una branca della biologia molecolare che studia le mutazioni genetiche e la trasmissione di caratteri ereditari non attribuibili direttamente alla sequenza del Dna: «Il cibo è un fattore esterno rispetto al genoma, ovvero il nostro patrimonio genetico – continua Redi – ma lo influenza».

Manuela Monti ha studiato come la malnutrizione o l’ipernutrizione influenzino in maniera deleteria staminali e staminali germinali, ovvero ovociti e spermatozoi, e quindi le generazioni a venire.
«La dieta può far male alla costituzione delle staminali. I bimbi nati da donne malnutrite o ipernutrite hanno meno cellule staminali, a partire da quelle del cordone ombelicale, e questo significa reazioni ridotte alle malattie infettive, predisposizione a malattie.
In pratica è un fattore che concorre a determinare come e quante sono le staminali e in che modo sono in grado di crescere. In casi di malnutrizione, ovvero di troppo cibo o troppo poco, nel cordone ombelicale cambia anche la composizione».

Ma a cosa servono le staminali?
«In pratica mantengono efficiente e funzionante l’organismo perché sono in grado di rimpiazzare le cellule che si perdono fisiologicamente: pelle, sangue, midollo – spiega Perotti – Le piastrine vivono 10 giorni, i globuli rossi 120, quelli bianchi pochi giorni. Si studia sempre più il legame tra nutrienti e cellule staminali per gli impatti che questo può avere sulle generazioni future: una madre malnutrita dà alla luce un bambino con un patrimonio staminale minato alla fonte. Così le cellule non si rigenerano più bene, le difese immunitarie sono minate».

Un tema sempre più studiato quello delle staminali e della nutrizione:
ci sono 1554 studi solo sul sistema di ricerca delle pubblicazioni scientifiche Pub-Med.
A Pavia il materiale per la ricerca non manca: «Qui riceviamo cordoni di ogni genere e tipo – prosegue Perotti, responsabile della Banca pavese – Tantissime donazioni di mamme straniere, per esempio, che sono in crescita. Ma la banca deve seguire le evoluzioni della scienza: nel 1996 mettevamo via cordoni a 500 milioni cellule, poi osservando l’efficacia della cura quelli a 800 milioni. Ora quelli che contengono tra 1,2 e 1,5 miliardi di cellule staminali perché i trapianti così hanno più efficacia. Così su 10 cordoni che arrivano, 9 non vengono congelati, ma vengono donati alla ricerca e possono essere usati per la medicina rigenerativa tissutale per riparare e rigenerare tessuti come fegato, cuore e vasi sanguigni, o per essere studiati».